martedì 9 ottobre 2012

2 giorni nell'alpe


Pare sia abbastanza tradizionale da queste parti andare a dormire negli alpeggi. Le professioniste dell'ambiente organizzato l'evento sociale 2012 nel parco della Gruyère, due giorni di esplorazioni, incontri con gli abitanti e dormita nell'alpeggio sulla paglia. Perché no?

Il programma è fitto; dopo l'arrivo a Charmey, si avrà un incontro con il responsabile del parco della Gruyère, un momento di lavoro nella fattoria, il trasferimento all'alpeggio e la cena con prodotti tipici, momento di socializzazione, notte sulla paglia, il giorno dopo incontro con la guida- accompagnatrice in montagna e con una raccoglitrice di piante spontanee, inseriti in una passeggiata. 
La transumanza
L'arrivo alla fattoria è gratificato da un bonus: esattamente in quel momento stanno spostando le mucche verso i prati alti, e la vista di una processione di animali, ognuno con il campanaccio, che camminano per strada condotti dai mandriani è impressionante. 
In realtà la fattoria è la parte "bassa", distinta in tempi antichi dall'alpeggio dove le bestie riposavano in estate. Qui si passava la stagione invernale ed erano mantenuti alcune parti della lavorazione del formaggio in pianta stabile. Qualche decina di anni fa, ci spiegano, data l'abbondanza di manodopera, le mucche venivano transumate diverse volte durante la stagione, seguendo la progressiva maturazione dei pascoli con l'altitudine, e tutta l'attrezzatura necessaria veniva trasportata negli alpeggi situati alle diverse altezze. Trasloco completo dei calderoni per fare il formaggio ogni 15 giorni. Un lavoro immane. 
La buvette
Oggi non si fa più, ci si limita ad avere un appoggio in alta montagna per il ricovero del bestiame in estate, e uno in valle, dove si svolgono tutte le attività connesse alla lavorazione del latte. Il contadino si sposta quotidianamente dall'uno all'altro, grazie alla presenza di strade dedicate (e non mancano i critici)  e spesso in valle si sono aggiunte altre attività per integrare il reddito, come la buvette in cui siamo sedute sorseggiando succhi di mela e pensando alla fonduta che ci attende per pranzo. Anche questo è segno della trasformazione dei tempi; se da una parte è necessario concentrare le attività produttive per guadagnare in efficienza, ci spiegano, dall'altra si deve poter integrare il reddito dato dal latte con altre fonti. Un equilibrio difficile, che porta da una parte all'ingrandimento delle fattorie, dall'altra all'abbandono degli alpeggi più isolati, e che si regge in gran parte sui contributi dati all'agricoltura di montagna. Non è riconosciuta la funzione di produttori alimentari, ma quella di protezione del paesaggio (e già, dovremmo discutere che questo è il paesaggio plasmato nei secoli dall'uomo, dove gli interessi principali non sono la conservazione del suolo o la protezione della biodiversità).
Su questo concetto di protezione del paesaggio tipicamente svizzero si è costruito il parco regionale della Gruyère, che copre due cantoni e una ventina di comuni, a cavallo della frontiere linguistica francese-tedesco, e deve avere a che fare con le diverse legislazioni cantonali in materia di parchi e fruizione della natura; chi permette di portare il cane a guinzaglio quando si marcia sui sentieri forestali, chi lo vieta severamente. Se attraversate il parco da un estremo all'altro, seguendo i sentieri raccomandati, attraverserete il confine cantonale: se avete un cane a guinzaglio, nascondetelo nello zaino. 
Pausa dal lavoro
Questo è solo uno dei problemi del parco, che deve gestire interessi contrastanti, promuovere turismo, protezione della natura e mantenere un'economia locale, possibilmente sostenibile, e creare progetti per ottenere finanziamenti. Il tutto viene ridiscusso ogni 5 anni, quando le autorità decidono se mantenere o cambiare l'ente gestore del parco (che nel frattempo ha presentato progetti su un arco temporale di 2 anni, rinnovati). Gli onnipresenti cartelli gialli sono uno dei modi per promuovere il turismo sostenibile, il progetto per reintrodurre le coltivazioni di alberi da frutta attorno ai villaggi è un modo per ricreare il "paesaggio svizzero" come si vedeva nelle immagini di qualche decade fa, ma anche per incrementare la biodiversità e fornire nutrimento agli impollinatori. 
Conferenza finita, dopo il lauto pasto si passa al lavoro: togliere sassi e strappare erbacce dal pascolo basso, e accumulare il tutto, che verrà usato per costruire un abbeveratoio e ripavimentare una mulattiera. Il gruppo di lavoro di una ventina di signore ammucchia in un paio di ore una discreta quantità di sassi, oltre a ripulire il prato (in pendenza) dalle erbe non gradite al bestiame. Notate qui a lato la montagnola di sassi ammucchiati.
Tra la parte bassa e l'alpeggio non mancano i momenti di socializzazione con gli animali: oltre agli onnipresenti gatti, si sono resi disponibili alle coccole maiali e vitelli (le mucche adulte si sono limitate a guardarci con annoiata indifferenza).
Vitello socievole
L'alloggio nell'alpeggio è spartano: due grandi vani sono ricavati al di sopra della stalla vera e propria, e uno spesso strato di paglia è steso per terra, dove si appoggia prima una coperta (consigliato) e poi il sacco a pelo. Una decina di signore per vano si affretta a delimitare lo spazio personale stendendo una coperta a testa, e reclamando il posto pi~u congeniale (lontano dalla luce, vicino all'uscita, etc) mentre le veterane danno consigli alle neofite (non appoggiate occhiali e altri piccoli oggetti sulla paglia, una volta perduta qualcosa, resta perduta).
La cena è semplice ma abbondante; la stellata che si vede appena fuori dagli edifici magnifica. I nostri eroi si ritirano soddisfatti e satolli e si addormentano felicemente. La mattina è la luce dell'alba che filtra dal basso e i rumori della mungitura che danno la sveglia. Non a tutte però: alcune si rigirano e ritornano a dormire. Più di qualcuna dichiarerà poi di aver passato una notte difficile, e di preferire dormire in un comodo letto.
Il paesaggio fuori dall'alpeggio
Il programma continua incurante delle difficoltà notturne con una passeggiata fino alla Val Santa. La nostra accompagnatrice ci porta per boschi e prati lungo sentieri forestali e mulattiere, e lungo la strada incontriamo una raccoglitrice di frutti ed erbe spontanee, che ci indica alcune piante e ci informa sui loro usi, virtù, e momenti migliori per la raccolta.
Il discorso sconfina leggermente nel folkloristico, attraversa il panegirico sulle virtù dell'ortica, e si chiude con una visita alla sua casa-laboratorio per degustazione di alcuni preparati (e acquisto di altri).
La val Santa
Dall'alto della valle si vede il monastero che ha le ha dato il nome. Dopo una storia millenaria (e tormentata) è ancora luogo di culto, ospita una piccola comunità di monaci cistercensi che seguono regola severissima, ed è quindi assolutamente chiuso ai visitatori, in particolare se donne. 
Sdegnosamente, gli diamo le spalle e continuiamo ad arrampicarci verso il pasto, a base di prodotti del luogo (pane, formaggio, salumi, mele e cioccolato, la fabbrica Cailler è solo a qualche chilometro) e gli ultimi chilometri di strada verso il nostro autobus. Nei paesi attraversati si vedono tracce della nascita di un'economia di prossimità che guarda a un modo diverso di vivere la montagna, senza imitare i modi di massa che riescono bene nelle pianure, ma sfruttando le tipicità locali. Si vedono anche tracce di sovra sfruttamento dei pascoli e di concentrazione di bestiame. 
Ma la discussione è rimandata a un altro giorno: il nostro autobus per Friburgo ci attende. Il trasporto pubblico arriva ovunque, ma di domenica è preso d'assalto: l'autobus è in ritardo e strapieno, e la folla si compatta ad ogni fermata, con l'arrivo di nuovi viaggiatori. Finiremo il viaggio con borse e zaini in braccio ai vicini volenterosi, accompagnate da commenti di altri viaggiatori, che vanno dal catastrofico (si rischia di fare un incidente, la settimana scorsa è successo proprio così) al folkoristico (ehi, l'autista è bravo; per fortuna che siamo partiti nella zona francese, nella Svizzera tedesca gli autisti inveiscono se un gruppo arriva senza aver prenotato). 
Il gruppo al completo







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